Filosofia del cactus

Ci pensavo tempo fa. Le persone sono come i cactus. 
Ci sono quelle capaci di pungerti sul vivo e quelle che ti tengono sulle spine... e ok, queste sono facili, ma le similitudini sono molteplici, a ben pensarci.
Ci sono ad esempio quelle molto spinose, tendenzialmente poco espansive, ma che se prese dal verso giusto si lasciano anche accarezzare, stando attenti a farlo con le dovute precauzioni.
Altre che invece pungono, e ti lasciano i segni sulla pelle se le tocchi con fare troppo confidenziale, se poi ci sbatti contro sono cacchi amari, e non ti resta che leccare le ferite.
Ci sono quelle con i glochidi, all'apparenza innocui ma se solo li sfiori ti si attaccano addosso causandoti un fastidio inimmaginabile, con quelle malefiche spinette conficcate su tutti i polpastrelli: loro si difendono così, e tu impari a non avvicinartici mai più.
Ci sono cactus che ti crogioli ad osservare, elogiandone la bellezza esteriore, la regolarità della forma, apprezzi quanto siano esteticamente perfetti, verdi, gonfi... ma appena provi a toccarli, ti si sfaldano tra le mani: e solo allora ti accorgi di quanto erano marci dentro, scoprendo con dispiacere che covavano un virus subdolo e latente impossibile da valutare alla semplice vista.
Ci sono quelli che ti durano per anni, mezzi acciaccati dall'età, dai parassiti, dalle intemperie, dalle difficoltà che anche tu stesso a volte hai creato loro con una coltivazione non proprio perfetta, ma che nonostante tutto ti stanno sempre vicini. 
Ci sono quelli che durano una stagione: ci si conosce, ci si piace, l'entusiasmo è a palla... poi iniziano i problemi di adattamento, arriva quella pioggia di troppo che rovina la felice convivenza e addio, resti con quel senso di amarezza per una fiducia malriposta e a fatica riuscirai a colmare il vuoto rimasto, perlomeno non con la stessa specie, di cui hai già conosciuto i difetti.
Ci sono i colonnari, alti, altezzosi, spinosi e possenti: ti guardano dall'alto in basso, si fanno desiderare, si prendono spazio e lo tolgono a te, ma una volta che li hai conquistati, col tempo e tanta pazienza, ti ripagheranno con meravigliose fioriture.
Ci sono infine le succulente, così allegre con le loro foglie lisce, pelose, carnose, corrugate, pompate, vivaci, variegate, e che non ti tradiscono mai: puoi accarezzarle senza pungerti, puoi anche strapazzarle, puoi facilmente riprodurle e continuare ad averle accanto per un sacco di tempo, con sempre maggior stima reciproca. È ovvio che se non le coltivi con un minimo di attenzione, se non le curi quando sono in difficoltà, se non offri loro un riparo dal gelo, se non le disseti abbastanza, possono anch'esse marcire o seccare.
Se un cactus si ammala gravemente, puoi tentare salvataggi in extremis amputando la zona ammalata... però, nelle persone non crescono getti laterali, questo è un paragone impossibile, scusate.
Può starci però, almeno in qualche caso (tralasciando l'impollinazione che alla fine vale per tutte le piante e non solo per i cactus), la similitudine coi polloni: se la pianta madre subisce un danno, nascono nuovi polloni... non potrebbe valere anche per i polloni umani?
A voi l'ardua sentenza, e per oggi vi beccate pure questa farneticante filippica, tiè.

Commenti

  1. e che ti devo dire? che con un bellissimo post hai detto quello che ho imparato da tempo ma non sono mai riuscita ad esprimere bene come te :)
    Io sono una "lingua di suocera", apparentemente senza spine, morbida e insignificante se messa in mezzo ad altre mie simili, voglio essere curata ed apprezzata nella mia banalità e forse, dico forse, mi copro di fiori una volta l'anno, fiori come orchidee dai colori meravigliosi...sempre che non fiorisca solo di notte e per poochi eletti hihihihi

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  2. ah, volevo pure aggiungere he, come un epi, quando sembra che tutto è perso di me, ripollono.
    Sono dura da distruggere prrrrrrr

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  3. Guarda, non ho pensato a quale cactus potrei assomigliare, sono indecisa, e ti lascio immaginare perché, tra una mammillaria lenta, un'euphorbia obesa o un'opuntia bighellona :-D

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